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PREVISIONI DI UNA MENTA PERICOLOSA

Signore e signori, ecco a voi un sfilza di predizioni del nostro indovino illuminato riguardanti il futuro delle panchine della massima serie. Tanto cambierà, poche le certezze. 
Al momento, l'unica posizione salda è quella dell'Innominabile alla squadra che non può essere nominata ( Conte ala Juve). I restanti 19 allenatori sono in bilico: certo, chi più chi meno.
E' ad esempio molto incerto sulla sua permanenza a Milano Stramaccioni, ormai condannato al mesto ritorno nell'anonimato: lo sostituirà con ogni certezza Walter Mazzarri, lasciando dopo 5 anni Napoli.
I partenopei, dal canto loro, cercheranno di sopperire la partenza del piagnone toscano con Roberto Mancini, fresco di esonero dal Manchester City.
Il Milan caccerà ingiustamente Max Allegri ( destinato alla Roma), adempiendo alla volontà di Re Silvio, ansioso di consegnare la squadra in mano ad un tecnico che abbia due requisiti fondamentali: che sia milanista e che non sia un tecnico. Ovvero che non abbia alcuna esperienza con la panchina.
 Harakiri, direte. Sembrerebbe così, ma mai sottovalutare la lucida follia del Cavaliere, che raramente ha sbagliato in campo calcistico: Seedorf, Inzaghi e Gattuso i candidati, col primo in vantaggio.
La Fiorentina proverà a blindare Montella ( offerte dall'estero), l'Udinese e la Lazio proveranno a fare lo stesso con i rispettivi tecnici. Donadoni andrà al Genoa e Ballardini al Parma.
La Sampdoria proverà a strappare Maran al Catania ( difficile), anche se molto probabilmente dovrà accontentarsi di tenere Delio Rossi. 
L'Atalanta sta valutando se continuare con Colantuono o affidare la squadra a Sannino.
Il Cagliari prenderà De Canio ed il Torino Corini. In tal caso, il Chievo virerà sul ritorno di Del Neri.

E il Bologna? Nel malcapitato caso in cui Pioli facesse le valigie per qualche oscuro motivo, pronto uno tra Zeman o di Francesco.

Il futuro è un rebus

Qui si rischia grosso.
Si rischia di smantellare definitivamente una dei più bei Bologna dell'ultimo decennio, opera già iniziata lo scorso anno e che avrà la sua naturale conclusione ( a meno di colpi di scena quale l'arrivo di un nuovo padrone, ma è pressochè fantascienza) nella prossima estate.
Il primo pezzo grosso in partenza è Perez: troppi tentennamenti e rinvii sul rinnovo, alla fine se ne andrà.
Chiariamo, la perdita dell'uruguaiano non sarà un dramma ( discontinuità fisica e squalifica facile i suoi punti deboli) tecnicamente parlando. Ed anche economicamente sarà un contratto pesante in meno. Il problema non sta nei motivi tecnici-economici.
 Il vero timore è che l'addio del vice-capitano inneschi un pericoloso effetto domino che smuova le pedine apparentemente ferme di altri pezzi da novanta, quali Diamanti e ( udite udite) Stefano Pioli.
Già, perchè constatando in modo tangibile la completa mancanza di ambizioni di Guaraldi e soci e soprattutto considerando le allettanti offerte pervenute, i due presunti punti fermi del Bologna che verrà, potrebbero lasciare questa barca a serio rischio di naufragio.
La Juve per il primo, il Napoli per il secondo: due offerte che non potrebbero rifiutare.
E gli altri? Tutti, tanto per cambiare, in bilico: come Konè, a metà col Brescia, per il quale si andrà sicuramente alle buste. O Gilardino, per cui tra poco è previsto un incontro col Genoa.
Senza contare anche i vari Sorensen, Gabbiadini, Khrin e Taider.
Il futuro è un rebus in casa Bologna. Un rebus difficile da capire, ma che non promette nulla di buono.


ALZATI E CAMMINA!


La Effe c'è, la Effe è rinata.
Come l'araba fenice: dichiarata morta, ha smentito tutti, risorgendo dalle proprie ceneri.
Perchè il cuore Fortitudo non smette mai di battere. Certo, sembrava si fosse fermato per sempre, sembrava non ci fosse nulla da fare, avendo ormai raggiunto lo status di malato terminale. Spacciata, finita. E invece no.
 Mai dire mai, quando c'è di mezzo l'Aquila: la sua resurrezione è stato un processo lungo, pieno di ostacoli e salite, non c'ha messo i fatidici tre giorni per tornare tra i vivi.
Era l'estate del 2010, quando l'ultima Effe riconosciuta come tale all'unanimità, si ammalò gravemente.
Era il 14 luglio 2012, quando ne fu constatato il decesso.
Ma i medici avevano sbagliato i loro calcoli: oggi, in data 9 maggio 2013, il presunto morto si è alzato.
Ancora troppo debole per camminare, dovrò attraversare un periodo di riabilitazione per tornare ai livelli di una volta. Ci sarà tempo, non c'è fretta.
L'annuncio gioioso è giunto in mattinata, quando l'usurpatore del trono Giulio I, ha alzato bandiera bianca: mi arrendo, rendo a Cesare quel che è di Cesare.
E' l'ora della restaurazione, è l'ora che torni il legittimo erede del regno.
Il bello è che tale identikit non risponde alla figura di una singola persona, no, ma di un gruppo di persone.
Si chiama Fossa di Leoni: è il gruppo, l'ente, la tifoseria, chiamatela come volete, che ha assistito la moribonda Aquila in questo suo tortuoso cammino, nonostante molti le avessero voltato le spalle, rinnegandola e tradendola scendendo a patti col nemico. Ma la Fossa no, non sarebbe stata in grado di scendere a compromessi: vogliamo la vera Effe, non una pallida imitazione.
E quella che rischiava di tramutarsi in una battaglia contro i mulini a vento, ha finito per ottenere un'insperata vittoria: la Fortitudo torna in mano ai legittimi proprietari, ai suoi Leoni.
Certo, il cammino è ancora lungo. Sì, probabilmente si ripartirà dalla C regionale. Fa lo stesso.
La Fortitudo è tornata, tutto il resto è noia

VISTA DALLA CURVA: il minuto di casino

Finisce 3-0 per il Napoli, un risultato giusto, giustissimo, sacrosanto.
Ma non tutte le sconfitte sono uguali: dopo la debacle di Roma, il Bologna doveva dare un segnale di vita, battere un colpo. E questo non per la salvezza ( arrivata ieri matematicamente e praticamente mai messa in discussione), ma per i tifosi: per onorare la maglia ed il campionato, per dimostrare di sudarsi l'agognato stipendio. Questione di rispetto.
E ieri, nonostante il 3-0 finale, un messaggio è arrivato: il Bologna c'è, ha tenuto testa per un tempo e passa alla seconda in classifica, andando anche più volte vicino al goal. Certo, direte, ci si accontenta di poco: 2 partite condite da 9 goal subiti e 0 fatti sono tutt'altro che entusiasmanti. Ma a questo punto della stagione, dove le partite per le squadre senza più obiettivi hanno ritmi più blandi delle amichevoli estive,  un cenno seppur piccolo di risveglio, non è da buttare. Che altro aggiungere?
Di sicuro che Stoianovic, dopo un impatto così traumatico con la massima serie ( 9 reti in 180 minuti), avrà bisogno di un bravo psicologo per superare tale shock: non saranno comunque di certo due partite ad etichettarlo come " bidone".
Parlando invece dell'abituale partita nella partita, ovvero quella svoltasi sopra gli spalti, si è assistito alla solita invasione napoletana ( e si giocava di mercoledì sera....), contrastata o quantomeno neutralizzata da una curva Bulgarelli in gran forma, autrice di un'eccellente coreografia iniziale ( preparata e realizzata dalla Beata Gioventù), accompagnata dal dissenso, così come avvenuto in quasi tutti gli stadi italiani, di quello che doveva essere il minuto di silenzio per ricordare Giulio Andreotti e che si è trasformato in sessanta secondi di vero e proprio casino, riempito da cori e grida inneggianti al Bfc.
Premesso che trovo inopportuno sbeffeggiare la morte di una persona, qualunque essa sia ( non abbassiamoci al livello degli americani festeggianti per le strade la morte di Bin Laden), vedo allo stesso tempo la scelta di ricordare il suddetto negli stadi, una decisione ancor più ridicola. O quantomento imbarazzante

La favola del presidente della porta accanto: ci sarà il lieto fine?

Battute da bar, accento fin troppo emiliano e metafore sui tortellini: signore e signori ecco a voi Albano Guaraldi. Ovvero il perfetto stereotipo del bolognese medio, il vicino di casa che sdrammatizza su tutto, quello con la battuta sempre pronta. Il fatto è che non stiamo parlando di un cittadino felsineo qualunque, o meglio, di uno qualunque. Ma del presidente del Bologna calcio. Questa è la favola del presidente della porta accanto.
Classe '59, nativo di Cento, dopo aver operato per una vita nel settore edilizio ( Futura Costruzioni srl,) salì all'onore delle cronache nel dicembre del 2010, quando entrò a far parte della squadra convocata da mister Consorte per salvare un Bologna moribondo, portato sull'orlo del baratro dalle sciagurate precedenti gestioni. Partito insieme a tanti altri come gregario del corridore principale del gruppo, ovvero il signor Segafredo alias Massimo Zanetti, non avrebbe mai e poi mai immaginato di prenderne l'eredità, diventando il nuovo leader del team. Ma procediamo con ordine: fin da subito fu fin troppo chiaro che la squadra consortiana non sarebbe durata a lungo. Troppi dissapori, troppe incomprensioni sull'assetto politico dell'operazione. Democrazia, oligarchia o dittatura? Nel dubbio, pressato da una stampa mai così incalzante e da alcuni soci ribelli, Zanetti finì per abbandonare la barca dopo neanche un mese. La paura tornò a regnare sui cieli di Casteldebole: come avrebbero fatto i nanetti, felice definizione zanettiana, senza la figura carismatica e ben munita di soldi del re del caffè? I rivoltosi, sventando sul nascere ogni velleità di ritorno del vecchio regime, decisero di continuare per la loro strada, rifiutando aiuti esterni ed eleggendo capo uno di loro: fu così che dal conclave del 7 aprile 2011 uscì la tanto sospirata fumata bianca. Albano Guaraldi eletto presidente all'unanimità. 
Una notizia originale, si sa, non ha bisogno di alcun giornale e nel giro di poche ore fece il giro della città: l'unica persona a non esserne al corrente era proprio il nostro, che all'epoca si trovava in Slovacchia per affari. Si dice che appresa la notizia ebbe un mezzo mancamento e fu ad un passo dal gran rifiuto di celestiniana memoria, ma tentato dalla tifosissima figlia e dalla fame di gloria, accettò. E non per non farsi mancare nulla, un mese dopo si prese anche il titolo di amministratore delegato. Alla faccia del gregario: il consigliere era ufficialmente diventato re, sovvertendo la formula proporzionale consortiana tra il tripudio dei colleghi. E così eccoci qua, due anni e due stagioni dopo, con il nuovo monarca sempre saldo in sella, forte del suol 51 percento. Ma tante cose sono nel frattempo cambiate: gli amici sono diventati nemici ( Setti, Bagni e tanti altri) e il pur buon Albano ha dovuto applicare un'epurazione quasi staliniana per mantenere il potere. Mai fidarsi di nessuno: . A parte il fido Zanzi e l'ancor più fido Pioli, salvato e protetto anche quando indifendibile ( ma più per ragioni di portafoglio che di cuore).  Il bilancio di questo primo biennio dell'ormai nuovo dittatore non più pro tempore parla chiaro: ottima la prima stagione ( nono posto con 51 punti, miglior risultato dal ritorno nella massima serie), peggio l'attuale seconda ( proiezione finale di 42-43 punti), condita da tante eccellenti cessioni non rimpiazzate adeguatamente ed un progressivo e preoccupante aumento del monte ingaggi non accompagnato dai risultati. Il trend è chiaramante negativo ( inoltre, a dire il vero, il mercato della prima stagione fu realizzato dalla coppia Setti-Bagni, poi inspiegabilmente allontanati) e non lascia presagire nulla di buono per il futuro, soprattutto nel caso di cessione di altri elementi importanti e lasciando vacante il ruolo di d.s. ( Zanzi può ricoprire tutti i ruoli, dall'amministratore delegato al magazziniere, ma il direttore sportivo non lo può fare). La fortuna aiuta gli audaci, ma la ruota potrebbe girare. Albano lo sa ed il mercato prossimo sarà per lui una sorta di prova del nove: il suo futuro e quello del Bologna passano da lì. Per non rivedere scene già viste, teste di porco e presidenti minacciati. Durerà la favola del presidente della porta accanto?